Vanessavirus è la storia di una caccia all’uomo. La storia di un assassinio. La preda? Gabriel Matzneff, scrittore francese, oggi braccato da una muta piena di odio decisa a distruggerlo.
A capo della muta c’è Vanessa, una donna che, quattordicenne, visse con lui una passione e che oggi, trentatré anni dopo, dà con un libro il suo amante in pasto alle belve. Gli amori con Vanessa non hanno niente di clandestino: hanno ispirato a Matzneff un romanzo, un diario, delle poesie di cui è fiero e felice.
Vanessavirus è, soprattutto, il racconto della dannazione sociale di cui lo scrittore è vittima. Un testo che ci interroga sui confini della libertà dell’individuo e che mette in guardia dagli effetti devastanti dei sinedri popolari.
Il manoscritto è stato pubblicato nel gennaio 2021 a spese dell’autore, condannato senza appello al silenzio. La presente edizione italiana è la prima ad essere accolta da una casa editrice europea, e ad essere presente nelle librerie.
Vanessavirus
Il racconto della dannazione sociale di uno scrittore
Traduzione di Giuliano Ferrara
Pagine 102
ISBN 9788898094967
Prima edizione 2021
Il prezzo originale era: 14,00 €.13,30 €Il prezzo attuale è: 13,30 €.
Vanessavirus, il libro dello scrittore accusato di pedofilia che ribatte alla sua ex-amante, di Andrea Venanzoni, «TPI, The Post Internazionale», 30 giugno 2021.
Tornato in spirito, come una ombra che prima di abbandonare il mondo decida di dettare il proprio epitaffio, lo scrittore russo-francese Gabriel Matzneff ha fatto circolare una autentica samizdat, ‘Vanessavirus’; risposta in stile barocco e sofferto allo stritolamento delle proprie ossa, messo in scena dal mondo letterario mondiale dopo che si è scoperto l’ovvio, e cioè che al letterato piacevano le ragazzine.
Lo sapevano tutti, ma tutti fingevano di non vedere. Tra ori e allori di premi letterari, e recensioni entusiastiche, era tutta una gara a stringere le mani di Matzneff, nascondendo e celando sotto la coltre spessa delle giustificazioni morali quei peccatucci. E però poi arriva il romanzo memoir di Vanessa Springora, trasvolato anche in Italia, edito da Nave di Teseo col titolo ‘Il consenso’, e tutti, in quel preciso istante, fan cadere a terra il velo di Maya e si dicono sconvolti, oltraggiati, feriti, disgustati, aggiungete pure altri verbi a piacere purché tutti aumentino il raccapriccio per il fetido orco.
Oh, un pedofilo. Lo scoprono ora. Adesso, non è più Gabriel Matzneff, scrittore. Ora è Gabriel Matzneff, scrittore e pedofilo. Colui che ha dato alle stampe il volume ‘I minori di sedici anni’, una delle poche cose arrivate anche da noi per i benemeriti tipi editoriali della ES.
Colui che aveva composto con scrupolosa diligenza tutte le sue scorribande sessuali in esotiche località tanto francesi quanto orientali, e impilate parola dopo parola, ferita dopo ferita, squallido bordello dopo squallido bordello, le avventure con ragazzini e ragazzine di undici, dodici, tredici anni, si riscopriva alla nuda e calda luce del giorno per un mostro: se lo rimiravano, indignati e scaltramente contriti, gli amici di un tempo, le amanti maggiorenni, i giornalisti, gli apologeti, i politici e quel mondo che tutto aveva perdonato ai Foucault e ai Sartre, e che per lui stesso era rimasto in silenzio, facendo finta di non leggere e di non vedere.
E già l’incipit del libretto è colmo di sepolcrale consapevolezza, quella di chi ha l’occhio fisso verso l’orizzonte nero della notte e della morte, la descrizione analiticamente crudele di una autentica caccia all’uomo: e pure Matzneff, che è uomo sagace, di mondo, lo dice subito, chiaro, dimenticatevi il Me Too e le consapevolezze tardive perché di quell’amore, di quella relazione con l’allora quattordicenne, se ne era scritto, se ne era recensito, e tutti, ma proprio tutti, sapevano.
Lo scrittore, questo libertino metafisico che si aggira in carne macilenta e fratturata tra le aule silenziose di un mondo che lo respinge, scrive in apertura di essere sopravvissuto al Coronavirus, ma che, con lucida consapevolezza, non sopravviverà al Vanessavirus.
In ritiro, non spirituale, a Bordighera, in Italia, lontano dalla Francia dove infuria la polemica per la pubblicazione del libro della Springora, Matzneff sente la fine farsi drammaticamente vicina: anzianità e un cancro, e il peso di una solitudine da reietto, proscritto, scacciato dal consesso civile, ripudiato e rinnegato in fretta da chi prima gli stendeva non metaforici tappeti rossi.
Ma la cosa peggiore che potrebbe fare, e Matzneff è troppo lucido e crudamente intelligente per commettere quell’errore, è compatirsi e dirsi vittima. Per questo, respinge al mittente qualunque inferma patente di vittimismo, o peggio ancora si evita di accodarsi agli indovini ciechi che già elogiarono i Sartre o i Foucault, obliando i peccatucci collaterali ardenti sotto la cenere: perché Matzneff non ha propriamente quella sovrastruttura progressista da doppio standard morale nel cui nome tutto santificare e perdonare.
Lo scrittore non sottovaluta la tempesta che va annunciandosi lungo la linea d’orizzonte, ma con enfasi ortodossa e spirito aristocratico se ne rimane fermo, immobile, indurito per la gioia dell’eternità, insensibile a quel che si dice di lui: un vezzo acquisito dopo le prime sbronze autoreferenziali, collimate con il consiglio di Montherlant di informarsi su cosa si dicesse e scrivesse delle sue opere, e che poi una volta virato l’interesse dal letterario all’esistenziale e al sessuale, Matzneff superò, chiudendosi a riccio nel non interesse per recensioni e pettegolezzi.
E se questa metodologia, unita al pietoso contegno dei pochi amici rimasti che gli evitano di venir in contatto con la parte peggiore, con la faccia feroce, della polemica che monta ed arde, lo preserva nel suo soggiorno in una Italia sconvolta dall’infuriare selvaggio della pandemia, ad un punto la corda si spezza e gli argini si frantumano, e il fiume di bile nera, di odio, di risentimento cade sulle spalle dello scrittore: minacce di morte, una manifestazione sotto la sua casa francese agevolata, scrive Matzneff, da un quotidiano che non ha trovato di meglio che pubblicare il suo indirizzo. Amici che lo rinnegano alla velocità della luce, e che anzi, convertiti al verbo di Vanessa, fanno a gara nell’accusarlo e nel descriverlo da vicino, come entomologi del disgusto antropologico.
Ma Matzneff non rimane semplicemente sulla difensiva, come se questo librino fosse un memoriale pronto ad un qualche uso processuale: perché le pagine più intense, più poeticamente ctonie e dolorose, sono quelle in cui viene ricostruito il tempo dell’amore, intenso, vibrante, con la quattordicenne Vanessa, un amore che tutto ha travolto, compreso il comprensibile ostracismo dell’ambiente sociale e della famiglia.
E leggere di quelle pagine, di quel tempo spezzato, la sospensione delle emozioni e lo sgorgare del sangue in un intricato arabesco di ferite e tagli che, per Bataille, erano il senso stesso della letteratura, lascia con uno strano moto alla bocca dello stomaco: c’è qualcosa di sbagliato, viene da pensare, eppure è tutto così deliziosamente articolato, così intenso, così vero.
E quando leggiamo di Cioran tentato uomo di pace, pontiere che cerca di ricucire lo strappo di Vanessa ancora ragazzina nei confronti di Matzneff, ci sentiamo catapultati in un mondo che forse è solo onirico e trasognato, lo spereremmo quasi, e che invece sappiamo esserci davvero stato. E pure ci augureremmo una fine migliore rispetto al dramma della dissoluzione che fu dell’Humbert Humbert affrescato da Nabokov.
Matzneff si situa su quella immaginifica scia ellittica che ha accomunato il dolore viscerale di una esistenza inquieta, sofferta, caotica e di una penna brillante, quella pattuglia inaccettabile di autori che il mondo della letteratura preferirebbe saper alle prese solo con la scrittura, e non avere alcuna aderenza a un progetto di vita reale: automi dalla scrittura sagace, senza vita vissuta, perché addentrarsi nelle pieghe ombrose di quella esistenza sarebbe troppo sconvolgente, troppo inaccettabile appunto.
L’abisso dentro cui guardare e da cui esser riguardati, fino a divenire una cosa sola con quella soglia di tenebra. I Tony Duvert e i Jean Genet, i Pierre Guyotat, i Peter Sotos e i Dennis Cooper, e prima a monte già Sade, quella furiosa accelerazione che avanza come un deserto dell’anima e che tutto travolge, a cominciare dalle loro stesse urgenze interiori.
E se abbassi il tuo naso, puoi sentirla quasi quella disperazione. Come nelle foto sgranate, granulose, confuse, disperate di un Antoine D’Agata, tra corpi macilenti e una perenne scoperta, epifania tra camere in disordine, sudore e malattie di corpo e mente, il turismo sessuale sospeso tra cielo e inferno, perché proprio come scriveva William Blake, la strada dell’eccesso conduce al palazzo della saggezza.
E chiunque conosca quella solitudine, quel senso imponente di nausea che travolge le viscere, quando rimani in silenzio, il fiato corto delle tue passioni, delle tue allucinazioni, delle tue sensazioni amplificate dal non poter avere nessuno a cui rivelarle, ecco che emerge la letteratura, il senso di squartarsi cioranianamente da soli: gli annunci, il mettere tutto solo il sole di rame di ogni giorno, e Matzneff non si è mai nascosto in questo, non ha occultato tra spesse pieghe di giustificazioni latamente politiche i suoi amori ‘malati’, la decomposizione del senso stesso dello stare al mondo.
E difatti Matzneff regola i conti con il rinnovato spirito puritano di quel progressismo ontologicamente ipocrita che ora gli macina le ossa senza alcuna forma di empatia e di umanità, perché chiunque ben sa non c’è mai nulla di umano in chi predica ad ogni piè sospinto il valore della umanità: e lo dice in maniera cristallina, feroce, infilzando il costato di questa armata di bacchettoni quaccheri con le opere di Derrida e Deleuze in una mano, e gli appelli per il riconoscimento dell’amore con i bambini che furon firmati dal gotha degli intellò di sinistra in quei caldi anni del sessantotto, nell’altra.
Come si può accettare una lezione morale da chi dimostra, storicamente, questo livello di inumana, insostenibile, insopportabile ipocrisia? E infatti Matzneff non lo accetta. Preferisce, come viene ricordato dai suoi esordi sulla prestigiosa Combat, che fu patria di carta di Camus, farsi un nemico ad ogni paragrafo, per gusto di provocazione certo ma anche per sbattere sul grugno di una società che spesso indulge negli stessi capricci quella melmosa ipocrisia.
Una lezione essenziale, specie in questo sfilacciato momento storico fatto di obblighi all’inginocchiatoio e di penitenze per colonialismi passati e per la eradicazione di qualunque forma di intelligenza critica, di asperità, di complessità: questo delirio di politicamente corretto e di dogmi che nascondono sotto il tappeto la cultura stessa, e ci dicono che è sconveniente insegnare greco o latino o che Mark Twain era un razzista e simili amenità.
Figuriamoci se c’è un posto, anche solo un posticino, per uno come Matzneff. E certo, non mi sfugge la più troneggiante tra tutte le obiezioni possibili: Matzneff dimentica Vanessa, e quando ne parla, e ne parla per praticamente tutto il libro, la rende oggetto della sua passione, la filtra e la riduce a elemento egoriferito del suo amore, unilaterale e crudele.
Si dice, c’era questo amore scintillante, barocco, intessuto di attenzioni, di sesso e di lettere, come una appendice di Colette o un romanzo epistolare gotico e color rubino, e in tutto questo si perde il senso della asimmetria relazionale, l’età così diversa, la possibilità impossibile di una maturità davvero acquisita.
La Springora nel suo libro ricostruisce in effetti rovesciando quanto Matzneff disse, scrisse e fece di quel loro amore; e se lo scrittore sublimò ogni istante, nelle pagine della Springora quella diventa metodologia di manipolazione e di alterazione della realtà dei fatti. Ed è proprio la negazione assoluta di poter definire amore quell’atto continuo, permanente di abuso a spezzare per sempre il vincolo che si era eretto tra i due.
Ma questo non è un processo, non abbiamo il peso della verità e della crudeltà del verdetto, non dobbiamo assegnare ragioni o risarcimenti. Dobbiamo solo prendere atto della confessione sanguinante di Matzneff, del suo essere uno scrittore geniale e del suo ormai dirsi scomparso dal mondo.
Perché la cosa peggiore che chiunque potrebbe fare è giudicare l’uomo e non lo scrittore, avanzare nella nebbia nel nome di una valutazione morale di quanto scritto e di quanto letto, e dovremmo infine sempre ricordare che come ha scritto Kundera vivere non è altro che portare il proprio io dolente per il mondo.
Il caso Matzneff, la morte sociale e i tempi bui per la libertà d’espressione, di Pierluigi Battista, «Huffington Post», 28 maggio 2021.
L’ennesima prova dei tempi bui che stiamo vivendo in Occidente sta nell’impossibilità dello scrittore Gabriel Matzneff di trovare in Francia un editore disposto a pubblicargli la sua autodifesa. Lo ha trovato in Italia, dove un editore da sempre coraggioso, Liberilibri di Macerata, ha pubblicato in questi giorni, per la traduzione di Giuliano Ferrara, il suo “Vanessavirus”.
Tempi bui, a prescindere ovviamente dalle accuse che Vanessa, allora quattordicenne, ha, dopo decenni, scaraventato addosso a Matzneff, l’amante molto più grande di lei. E’ vergognoso che il libro di Matzneff, additato come stupratore e pedocriminale, sia stato pubblicato soltanto a proprie spese in poche copie, come uno samizdat clandestino ai tempi dell’Unione Sovietica.
Che l’editore Gallimard abbia ritirato tutte le sue opere precedenti dagli scaffali delle librerie. Che si sia scatenata una caccia all’uomo, persino con minacce e spedizioni violente sotto casa dello scrittore. Che un uomo sia mandato simbolicamente al patibolo senza avere la possibilità di difendersi. Che il linciaggio abbia trovato nell’intellettualità parigina, un tempo ai piedi di Matzneff, una complicità violenta e feroce. Che si ritenga normale, nella Francia dei Lumi e dei trattati sulla tolleranza, che un libro sia messo al rogo. Che non si attenda un processo prima di procedere a una condanna sommaria.
E non perché, come ogni tanto capita di sentire, perché Matzneff sia un grande scrittore. Ma perché il rispetto della libertà d’espressione deve valere per tutti, per i grandi scrittori, ma anche per quelli con poco talento, mediocri, persino spregevoli. Per tutti, anche per chi di mestiere non fa lo scrittore. Senza che i tribunali popolari, che si concepiscono arbitrariamente come custodi della morale pubblica, siano autorizzati a mettere il bavaglio a chicchessia. Mai.
Una relazione pericolosa, di Tiziana Della Rocca, «Il Foglio», 27 maggio 2021, pag. 5.
È uscito ieri in italiano, nella traduzione di Giuliano Ferrara, Vanessavirus (Liberilibri Editrice), la risposta in 55 pagine dello scrittore francese (sino a poco tempo fa acclamatissimo in Francia) Gabriel Matzneff al durissimo Le Consentement, (Il Consenso), il libro con cui Vanessa Springora – sua ex amante quando lei era quattordicenne e lui cinquantenne – lo accusa di essersi approfittato di lei a causa della sua giovane età, e di aver abusato di lei. Il libro di Vanessa ha generato un grande scandalo e ora, nel suo paese, dove Matzneff godeva di stima illimitata, è considerato un farabutto. Ma davvero la Francia è scandalizzata, o scandaloso è considerarlo soltanto ora un farabutto?
In effetti si tratta di una vicenda piuttosto singolare, qui non ci troviamo davanti a colpe nascoste che emergono a distanza di anni, e nemmeno davanti a un caso simile a quello di Polanski che nel 1977 stuprò una tredicenne. Polanski sfuggì poi alla sua punizione, che tuttora non smette d’inseguirlo, intanto probabilmente lo riafferra la vergogna, se mai lo ha lasciato. I verbali degli interrogatori rivelarono una scena di desolante squallore. Molti lo difesero (me compresa) non dal crimine, ma dalla persecuzione che ne seguì. Prima che esplodesse il #MeToo parecchi artisti, compreso Matzneff, che intrattenevano rapporti con minorenni difficilmente venivano incriminati.
E anche se si fosse trattato di crimini sessuali riconosciuti, quando realizzavano grandi opere il peccato non distruggeva l’artista, semplicemente lo graffiava, come si può graffiare un leone che continua impassibile a incedere. Anzi, gli scandali sessuali in qualche misura aumentavano il mistero, suscitavano interrogativi a patto che i responsabili fossero grandi artisti (come appunto accadde a Matzneff col suo pamphlet I minori di sedici anni). Come non perdonarli, ci si chiedeva, loro che ci hanno dato e ci danno tanta gioia? Ma anche, perché non castigarli? Si oscillava tra condanna e perdono.
Ma adesso non si oscilla più, si tiene in conto, giustamente, della parola della vittima, la si ascolta (il libro di Vanessa Springora non avrebbe avuto altrimenti la medesima risonanza), ma spesso se ne abusa per tramutarla in arma e colpire il presunto colpevole prima ancora di aver provato l’accusa. Occorre prudenza, le testimonianze bisogna ascoltarle con impegno, ricordandosi però che, presi dalle loro passioni e allucinazioni, a volte, gli accusatori possono mentire. Invece censuriamo e boicottiamo gli artisti e le loro opere prima ancora dell’esito processuale e a volte anche dopo che sono stati prosciolti da ogni accusa. Eppure non è impossibile capire come e perché alcuni artisti possano infierire sulle donne, e certo la loro fama non può tenerli al riparo dalla sanzione che gli spetta; e però, anche nel caso di crimine accertato, non si deve, per punire l’uomo colpevole, punire anche quel che di bello ha creato: una cosa è la perversione che un uomo può portare in sé, un’altra la genialità. Ferocia e ingegno vanno ciascuna per la sua strada, ciascuna ha la sua pena o gloria, non le si confonda, mai.
Ma qui l’autore fa tutt’uno con l’opera, le colpevoli storie di cui è accusato Matzneff sono state raccontate da lui stesso, gli hanno ispirato libri su libri, pubblicati dai più grandi editori e un tempo ammirati e celebrati da intellettuali di prima fila. Lui ha sempre esibito fieramente la sua passione per le adolescenti, ribadendo che non c’era mai stato in quei rapporti il minimo atto di violenza e costrizione. Lo testimonierebbero non solo le lettere d’amore che lui scriveva e che riceveva da costoro, ma il fatto che, di questi amori vissuti in prima persona, avesse fatto un’opera d’arte. Nelle sue pagine, di un nitore stilistico eccezionale, emergevano figure femminili niente affatto sottomesse, anzi, addirittura capaci di esercitare una paradossale forma di sovranità. Quasi nulla di morboso, in quelle pagine una specie di candore, per cui si poteva pensare che se un uomo maturo ha rapporti sentimentali con delle adolescenti, e molte di queste hanno continuato a restare nella sua vita anche dopo, da adulte, evidentemente si trattava di rapporti ispirati dal sentimento reciproco, e non solo dal desiderio sessuale.
Ma da quando Vanessa nel suo libro ha raccontato che queste inclinazioni non erano affatto benevole verso le adolescenti, e descrive Matzneff come un orco che l’ha usata e manipolata, tutti hanno creduto a questa versione come una verità indiscutibile.
La società letteraria francese, messa di fronte alle parole di Vanessa, si è accorta che in questa glorificazione dello scrittore durata molti anni era ravvisabile il crimine di favoreggiamento della pedofilia, quindi è corsa ai ripari mettendolo al bando. I suoi libri sono stati ritirati e messi fuori catalogo. Matzneff ora è un paria, un intoccabile.
Qui però lo scandalo non riguarda più solo lui e il suo caso, ma il coinvolgimento di una parte del mondo culturale, letterario, giornalistico e politico che giustificava e in qualche caso anche praticava la pedofilia. Nel 1977 veniva chiesta la depenalizzazione della pedofilia con un appello ideato proprio da Matzneff e firmato da alcuni dei più importanti intellettuali, filosofi e psicanalisti francesi, già protagonisti del Maggio rivoluzionario del 1968. Militavano per una totale liberazione dei costumi: bisognava autorizzare l’adulto a godere non certo dell’adolescente ma con lui: bastava che non vi fosse una vera e propria costrizione. La spinta del Desiderio a superare i limiti della Legge nasceva come reazione, si sa, al sistema patriarcale oppressivo: ma qui non ci si accontentava di trasgredire la legge, sfidandola, cioè di fare della trasgressione una salutare eccezione, bensì di elevarla a norma distruggendo ogni tabù, liberare il desiderio da ogni forma di coercizione, sfidare la morale come se fosse un’impostura, un artifizio ipocrita, nel nome di una legge superiore e sovrana: quella del proprio godimento.
Per questa ragione Matzneff trova disonesto “giudicarlo senza tener conto” appunto dei “costumi slabbrati dell’epoca successiva al Sessantotto ma alla luce del puritanesimo che di recente si è impadronito della Francia e dell’intero pianeta”.
E poi se si accusa solo Matzneff, come se fosse l’unico colpevole, non si rischia di farne il classico capro espiatorio? Minacce di morte, gli appelli al linciaggio, contestazioni sotto le finestre di casa sua, scritte d’odio sui muri del Quartiere Latino. Chi si ritiene puro e senza macchia diventa implacabile, il fanatico della purezza può essere tremendo. E poi oltre ai giustizieri spuntano fuori anche i sadici: è una travolgente passione fare a pezzi qualcuno caduto in disgrazia, infilzarlo alla sua colpa, smascherarlo in tutti i suoi vizi. C’è pure chi si aspetta da un giorno all’altro la degna conclusione di storie di questo tipo: la pazzia del reo, o la sua morte.
In effetti, senza questo scandalo le sue opere sarebbero ancora esposte in bella vista nelle librerie e nelle biblioteche. Invece ora nessun editore in Francia ha voluto pubblicare la replica di Matzneff, ha dovuto farlo lui a sue spese: Giuliano Ferrara si è adoperato per farla conoscere in Italia, poiché non si nega nemmeno al peggiore dei criminali la possibilità di replicare a delle accuse. Perché impedirlo proprio a lui, che ancora non è stato né processato e né condannato per il reato di cui è accusato? E’ a causa del libro, del #MeToo? Non solo, oggi circola una sensibilità morbosa, paranoica, verso il tema della pedofilia, una vera e propria ossessione. Contro chi è accusato di pedofilia si scatena una guerra dove carnefici e vittime sono facilmente identificabili, per questo occorre cautela: lanciato l’allarme, si rischia di condurre una rappresaglia dove è altissimo il rischio di sparare agli innocenti, ma anche ai colpevoli in modo eccessivo facendoli a pezzi.
Nel suo libro Matzneff dice di non aver voluto leggere quello di Vanessa, ma se l’è fatto raccontare. Secondo lui tutto ciò che afferma la donna è dettato dall’intenzione di vendicarsi. Vanessa avrebbe rimosso l’amore ricevuto per ferirlo e possibilmente annientarlo. Al tempo del loro rapporto, quando aveva scoperto che lui aveva avuto altre avventure con delle minorenni e di non essere l’unica, secondo Matzneff era caduta preda di un grave attacco di gelosia, e da quel giorno avrebbe iniziato a demolirlo, a dire che le adolescenti erano una droga per lui, che era pronto ogni volta a espropriarle per rivestirle del suo desiderio. E in effetti, per Vanessa Matzneff incarnava una figura paterna che aveva provocato in lei una sorta d’innamoramento edipico, e lui lo assecondava apposta, per avvilupparla nella sua tela imprigionandola. Per di più, cosa che le provocava ulteriore rabbia, pubblicava il resoconto di queste sue avventure con la più prestigiosa casa editrice francese, Gallimard.
Le cose sarebbero state ben differenti – scrive Vanessa – se lei alla stessa età si fosse innamorata di un uomo di 50 anni che, contravvenendo alla morale, avesse capitolato di fronte alla sua giovinezza, dopo aver avuto in precedenza altre relazioni con varie donne e che, sotto l’effetto di un irresistibile colpo di fulmine, avesse finito per cedere, una sola e unica volta, a quell’amore per un’adolescente. Solo allora la sua trasgressione sarebbe stata un’eccezione e quindi scusabile e il loro amore straordinario.
Matzneff non ha mai voluto rinnegare i suoi gusti sessuali, e non ha intenzione di farlo nemmeno ora che è sotto accusa dalla sua ex amante. Dice di sé di essere uno di quelli che peccavano fortissimamente e fortissimamente chiedevano a Dio di perdonarlo; insomma ammette di essere stato a volte uno sciagurato che voleva a tutti i costi l’inferno e il paradiso insieme, perché solo quell’unione poteva dargli la felicità. La sue avventure lo calmavano, e poi lo eccitavano, e così all’infinito, ma niente di più. E dunque lo scrittore non si pente di nulla, come se appartenesse non alla sua bensì a un’epoca in cui simili costumi erano tollerati o addirittura incoraggiati. Ma i legislatori non sono studiosi di storia o di archeologia del costume, e al giorno d’oggi l’adulto che intrattiene rapporti sessuali con una ragazzina, sia pur consenziente e perfino entusiasta, verrà perseguito. Un adulto rimane un adulto, e il suo desiderio è una trappola in cui può solo rinchiudersi l’adolescente.
Sull’accusa per atti di pedofilia commessi in Estremo Oriente ecco cosa scrive Matzneff: “Prima del turismo di massa i viaggiatori stranieri, pochi, erano una preda speciale” a opera di “deliziosi adescatori dell’uno e dell’altro sesso, che vi sorridevano, vi divoravano con gli occhi come foste un’allettante coppa di gelato al cioccolato, vi seguivano per la strada, vi abbordavano sfrontatamente”. E dunque, che “nel 2020 i professori di morale, ignoranti dell’atmosfera licenziosa che regnava allora in terra di Estremo Oriente, pretendano in ragione dei miei vecchi errori di trascinarmi davanti a un tribunale retroattivo, questo è commettere un’ingiustizia”. Matzneff è troppo intelligente per non capire che solo i perversi possono leggere nella provocazione di una ragazzina l’autorizzazione ad andarci a letto.
Ci si sforza di sottolineare la seduzione altrui per non sentire quel che c’è dentro di noi e che ci sospinge verso il crimine. Si chiama tentazione, la nostra voglia, sicché quando le si cede… la colpa è sempre dell’altro. Già il poeta greco Stratone in epoca di larga tolleranza della pedofilia aveva scritto: “Se nell’età sventata commette un pivello una colpa / l’infamia è di colui che lo seduce”. Se Matzneff fosse stato con una ragazzina di 13 anni in quei tempi lontani, l’avrebbe scampata, poiché allora “l’età della sventatezza” terminava a dodici anni. Forse l’avrebbe scampata anche se la ragazzina avesse avuto undici anni. Chi avrebbe mai prestato orecchio al lamento di una fanciullina?
Da qualche tempo il clima è mutato e per i pedofili si invocano punizioni esemplari. Ma perché questa ossessione della pedofilia? Alcuni sostengono che siamo diventati molto più sensibili e attenti verso il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza. Dovremmo essere contenti allora che la nostra società abbia aperto gli occhi su un fenomeno esistente da millenni: e cioè che i ragazzini vengono malmenati, i padri vanno a letto con le figlie e i fratelli con le sorelline, e alcuni preti seducono ragazzi e ragazze. E per questo, alla fine, abbiamo deciso di proteggerli.
Ma siamo sicuri che sia così?
Un mio amico psicanalista qualche anno fa mi raccontò una storia: in una cittadina inglese si vociferava che ci fosse in giro un pedofilo. Una banda di uomini ubriachi andò in giro per la città, di notte, con la dannata voglia di catturarlo. Videro una porta con la targa “Paediatrician”, scambiarono quella scritta per “Pedophile” e distrussero lo studio della pediatra. Ora, a colpire non è solo l’idea assurda che un pedofilo possa mettere sulla porta di casa una targa che lo qualifica come tale, ma anche che si sia voluto punire una persona che cura i bambini, non che li violenta. E’ una specie di lapsus freudiano, che meriterebbe una seria interpretazione e che rivela la nostra ambivalenza nei riguardi del mondo infantile e che spiegherebbe la furia che si scatena contro chi è accusato di pedofilia.
Una casa italiana per Matzneff, condannato al silenzio in Francia, di Giampiero Mughini, «Huffington Post», 25 maggio 2021.
E meno male che in Italia c’è una casa editrice tanto moderna quanto libertaria, la Liberilibri di Macerata, che se ne fa un onore di aver dato alle stampe l’edizione italiana del Vanessavirus dell’ultraottantenne Gabriel Matzneff, un racconto lungo offerto nella traduzione di Giuliano Ferrara. Un’impresa che invidio a Giuliano, ossia l’essersi misurato con la prosa assieme scabra e musicale di uno dei maggiori scrittori della letteratura francese contemporanea.
Non che questo giudizio sino a un anno fa fosse men che diffusissimo negli ambienti culturali e editoriali d’Oltralpe. I libri di Matzneff (tanto i romanzi che i saggi) erano un vanto dell’editore parigino par excellence, la casa editrice Gallimard. Tutti a Parigi sapevano quanto lo attirassero sentimentalmente e sessualmente le ragazze giovanissime, e stavo per dire le minorenni se non fosse che a questo termine non attribuisco alcuna valenza. Una quindicenne del nostro tempo la puoi mettere talvolta al paro di una venticinquenne di mezzo secolo fa. Ho nella mia collezione una foto scattata dal mio grande amico Pino Settanni a una attrice francese che aveva in quel momento tredici anni, ebbene tutto del suo volto e della sua persona ci dicevano quanto fosse già compiuta a sé stessa, già perfettamente donna. È sempre così? Ma è ovvio che no. Solo che chi di noi può mettere becco in vicende di tal fatta, in relazioni sentimentali anche accese tra un uomo e una donna separati da trent’anni di età? Chi di noi può sentenziare in vicende di tal fatta, chi di noi può assolvere o condannare?
E invece quando poco più di un anno fa è uscito in Francia Le Consentement dell’oggi cinquantenne Vanessa Springora (un libro che ho letto con religioso rispetto), la condanna nei confronti di Matzneff è divenuta unanime in Francia. Da un momento all’altro il Matzneff che stava sugli altari è precipitato nella polvere. Nel suo libro la Springora raccontava la relazione che lei quattordicenne aveva avuto 33 anni prima con un Matzneff già cinquantenne, una relazione che lei aveva vissuto intensamente. A 33 anni di distanza è come se quella intensità lei la sconfessasse, ne negasse la verità, nel senso che attribuiva a Matzneff la colpa di essersi come approfittato della sua giovane età, di aver giocato con lei come se fosse una preda femminile fra le tante, di aver continuato ad occhieggiare altre minorenni pur in costanza della loro relazione. Questa la versione della Springora datata 2019. Questa la sua accusa. Solo che a differenza che in un processo, dove c’è la versione dell’accusa ma anche quella della difesa, la Parigi ufficiale del 2019 la versione della difesa non l’ha voluta ascoltare nemmeno di striscio. Perché questo è il bellissimo racconto lungo di Matzneff, Vanessavirus, che è stato pubblicato in Francia l’anno scorso in 200 copie, sottoscritte tutte a un prezzo speciale dagli amici di Matneff, quorum ego. Nessun editore aveva voluto pubblicare la versione di Matzneff. Il racconto che lui fa oggi di quell’amore che per lui è stato intenso, niente affatto un gioco. Un amore completo, e completo da tutt’e due le parti. Una relazione piena, matura. Altro che “un abuso sessuale” com’è scritto nell’articolo di qualche semianalfabeta che vedo riprodotto su Internet. Leggetelo questo Vanessavirus, fatevi una vostra opinione. Non sta a me assolvere o condannare pur dopo aver letto un libro talmente bello nel raccontare le centomila sfumature del vivere, com’è sempre di ogni particella del nostro stare al mondo.
E adesso leggete la versione di Matzneff, il “pedocriminale” secondo la vulgata del #MeToo, di Giuliano Ferrara, «Il Foglio», 22 maggio 2021, pagg. 1-2.
Mercoledì prossimo esce in libreria l’opera di un autore francese che è interdetto in Francia, e a Parigi il suo récit gira clandestino come un samizdat dell’epoca sovietica, mentre in Italia è pubblicato da un editore serio e libertario come Liberilibri di Macerata. Mi sembra una notizia, e i lettori del Foglio, comunque la pensino, meritano di conoscerla in anteprima, sperando che sulla stampa italiana qualcuno se ne voglia occupare con scrupolo e attenzione. Non è un manuale di terrorismo islamista, non l’avrei tradotto e Aldo Canovari e Michele Silenzi non avrebbero pubblicato istruzioni per uccidere in nome di Allah. Non è un libro-scandalo, anzi è la risposta di dissolvimento a un libro-scandalo. È una storia d’amore. I lettori francesi non sono abilitati a conoscerla, questa storia, perché il suo autore è stato umanamente, culturalmente, spiritualmente, moralmente, materialmente distrutto da uno scandalo inaspettato, un anno e qualche mese fa è diventato un intoccabile, tranne pochissimi amici tutti lo hanno abbandonato, rinnegato, gli editori tra i maggiori della pubblicistica francese hanno ritirato i suoi libri dalle librerie sui cui scaffali erano esposti da mezzo secolo, lo stato ha disposto diverse azioni giudiziarie (sequestri, perquisizioni efferate, persecuzioni in giudizio, indagini, rimozione dagli archivi e dalle biblioteche) per nientificare oltre la misura del credibile la vie de bohème di un artista celebre del Faubourg Saint-Germain e la sua storia di scrittore, la folla delle tricoteuses ha sferruzzato in modo indecente, con il supporto unanime di un sistema dei media che non aveva opposto mai la minima obiezione a tutta la sua opera letteraria, sotto il patibolo eretto per giustiziare in piazza il “pedocriminale”.
Il pedocriminale si chiama Gabriel Matzneff, parigino di nascita e russo d’origine, religione ortodossa acutamente confessata e praticata, 84 anni, un vegliardo bellissimo, aperto, cordiale, formidabile conversatore e coltissimo nel suo uso di mondo, esteta, diarista intimo e curioso della politica e della vita, collaboratore del mitico giornale militante Combat e rubrichista a lungo del Monde, amico personale di molta intellighenzia europea e di François Mitterrand, statista e letterato, proprio lui, quel Gabriel Matzneff che incontrai per caso a una edicola di Place Maubert tanti anni fa e di cui divenni amico e lettore. A dicembre del 2019, trentaquattro anni dopo il delitto, una dirigente editoriale di rango, Vanessa Springora, ha rivelato in un suo libro, Le Consentement, di essere stata per due anni la sua amante, all’età di quattordici anni, e di aver elaborato nel tempo l’idea di essere stata abusata da un orco.
La denuncia ebbe un effetto-bomba, tutta una prospettiva testimoniata in decenni di letteratura e di folli avventure libertarie è stata rovesciata in virtuismo spinto e rigoroso, ora ne faranno un film, un uomo è stato assassinato da ogni punto di vista, i processi avranno un andamento condizionato dal tempo trascorso ma il risultato è stato ottenuto.
Il libro di Matzneff che i lettori italiani possono leggere da mercoledì per il prezzo di 14 euro, nelle sue 108 pagine pubblicate da Liberilibri, ha una caratteristica: interrompe la chiacchiera, taglia corto con ogni tipo di discussione, fornisce una prospettiva che non ha niente a che vedere con ciò che si pensa degli amori fuorilegge, dell’età anagrafica ammessa per il consenso alle relazioni erotiche, si presenta ed è solo una autodifesa piena di candore, di ingenuità, di senso della giustizia denegata da parte di un uomo onesto e sincero, e sopra tutto come una storia d’amore pura e semplice. Matzneff racconta senza un’oncia di morbosità tutto quello che accadde fra lui e la giovanissima amante, senza risparmio dei sentimenti e delle volontà contenuti nell’esperienza, nelle lettere, nelle date, negli appuntamenti, nel mormorio delle anime desideranti, come in tutte le storie d’amore avviene. Si può pensare quel che si intende e desidera della questione in sé, del carattere trasgressivo e illegale, “pedocriminale” secondo la vulgata recente e susseguente al #MeToo universale, di amori cosiffatti, ma non si può negare al lettore e al cittadino di conoscere una storia che in sé spiega tutta la parte in apparenza inspiegabile di un caso celebre e controverso. Che i lettori italiani possano avere tra le mani “il libro”, il cui titolo è Vanessavirus, dopo aver avuto tra le mani la denuncia pubblicata dalla Nave di Teseo, è importante, doppiamente importante visto che, incredibilmente, i lettori francesi devono cercare una spiegazione, se lo vogliano, in una pubblicazione clandestina a spese dell’autore.